"Non ho scelto il male né il bene, Ma attraverso e al di sopra del male, ho scelto la poesia" C. Baudelaire.



sabato 8 ottobre 2016

Les Fleurs du Mal, il Titolo.

Perché questo titolo? 
Ezio Bosso "Io non ho paura
L'uomo della foto non è Baudelaire, non è pensabile che un Dandy indossi scarpe rotte e abiti dimessi, eppure passeggiando lungo le vie del maestoso Jardin du Luxembourg a Parigi, ho avuto l'impressione di riconoscere qualcosa del poeta in questa posa di scomodo riposo, forse per via del taglio di capelli o più semplicemente, il mio desiderio di "misticismo" ha avuto la meglio.Più ancora della "presenza", mi ha colpito l'assenza, ovvero quella sedia vuota, a fianco dell'albero. Sembra reclami almeno altri due occhi disposti a guardare nella stessa direzione dell'uomo che dorme -si direbbe- per prendersi una pausa dalle fatiche del mondo. Penso a Rêve parisien, in cui il sogno assume i connotati dell'incubo, tanto che, per capriccio, il poeta elimina la vegetazione dalla città. 
Seconda parte della poesia:  

En rouvrant mes yeux pleins de flamme
J'ai vu l'horreur de mon taudis,
Et senti, rentrant dans mon âme,
La pointe des soucis maudits;


La pendule aux accents funèbres
Sonnait brutalement midi,
Et le ciel versait des ténèbres
Sur le triste monde engourdi.





In linea col discorso iniziato nei blog precedenti, vediamo meglio come nasce il suo progetto poetico, come si realizza, e gli ostacoli che incontra.

Dalla pubblicazione di "À une dame Crèole" nel 1845, a "Les fleurs du mal" nel 1857, trascorrono dodici anni. In questo periodo egli si occupa di poesia e critica d'arte, concentrandosi su artisti come: Eugène Delacroix, pittore romantico, Théophile Gautier, cultore dell' "arte per l'arte" e fra i massimi riferimenti della poesia parnassiana (ma anche autore di opere come "Il capitan Fracassa" nel 1863, o del libretto Gisèle, da cui il famoso balletto di danza classica). Edgar A. Poe, poeta e autore di short stories, nel quale riconosce un'anima affine favorendone la diffusione in Europa, ed altri ancora.

In quanto poeta, il suo lavoro si limita a sporadiche pubblicazioni e ad annunci di prossime raccolte, ma non ha ancora pubblicato l'opera che gli consenta di essere apprezzato dal grande pubblico come era accaduto, per esempio, a Lamartine con le sue "Méditations poétiques" nel 1820, che gli regalano una immensa notorietà da un giorno all'altro, consacrandolo come poeta romantico per antonomasia.

Baudelaire pubblica Les fleurs du mal a trentacinque anni, non proprio giovanissimo quindi, ma la raccolta, anzi il "libro", come lui sottolinea in una lettera indirizzata a Alfred de Vigny, come a voler evidenziare la struttura che lo sorregge, è una vera e propria summa di contenuti e di idee che segnano non un punto di partenza, ma un punto di arrivo, ovvero la conclusione di una lunga meditazione su arte e vita, tanto che se Balzac aveva trasformato il romanzo in assoluto estetico, quindi in punto di convergenza di ogni sua esperienza personale ed artistica, allo stesso modo Baudelaire aveva fatto della poesia il suo assoluto estetico.
Altra bizzarra coincidenza fra i due autori è che entrambi rimangono in un certo senso, impigliati nei loro "assoluti", quindi poesia per Baudelaire, e romanzo per Balzac, ma entrambi hanno altri progetti in mente. Balzac sogna il teatro che sin dal principio, gli si è negato (nel 1820 fallisce il suo Cromwell a teatro,e sette anni dopo, lo stesso soggetto farà la fortuna del giovane ed ambizioso Victor Hugo.)
Baudelaire vuole essere poeta, ma vuole essere anche altro, sogna di scrivere romanzi, opere teatrali, poi il processo ai suoi "fiori malaticci" finisce con l'incollarlo al  mestiere di poeta, costringendolo ad un' asfissiante senso d'impossibilità creativa dovuta alla necessità di rivedere per imposizione legale, un lavoro che egli considera concluso. Va anche notato che, a dispetto di come l'autore vive la frustrante esperienza, dopo il processo, stando al parere di molti critici e lettori, scrive molte delle migliori poesie della sua intera produzione.
Prima edizione dei Fiori.
Libro con dedica a Delacroix. 

IL TITOLO
Nel 1845 l'autore annuncia una raccolta poetica dal titolo "Les Lesbiennes". L'idea è presto abbandonata, forse perché di natura troppo circoscritta e limitata rispetto al suo progetto. Comunque s' intuisce il suo intento quasi programmatico di scandalizzare.

Nel 1848 annuncia una raccolta dal titolo "Les limbes", di derivazione dantesca si direbbe, ma perché limitarsi al purgatorio? Senza contare che all'epoca, il termine limbo aveva una forte connotazione socialista ed essendo l'autore  emotivamente coinvolto contro il nemico "borghese", nell'anno delle due rivoluzioni (febbraio e giugno) molti si aspettano una raccolta poetica politicamente impegnata, egli predilige però l' idea dell' arte per l'arte, alla Gautier, quindi il contrario dell'arte "impegnata" dei vari Hugo, Vigny, Lamartine e altri romantici della prima ora.

"Les Fleurs du mal", il titolo definitivo, arriva solo nel 1855, e riguarda una raccolta di 18 poesie pubblicate sulla rivista: "Revue des deux mondes". Nel 1857 le poesie diventeranno 101 più "Au lecteur" poesia-prologo, e nel 1861 diventano 126!

Il titolo l'ha pensato un suo amico Hippolyte Babou, ma è un dettaglio insignificante, visto che poi è Baudelaire che realizza un fitto tessuto di interconnessioni più o meno esplicite, che danno a questo libro il valore unico e nuovo che oggi gli riconosciamo. Ogni poesia conserva infatti la sua autonomia rispetto al tutto, (prova ne è che la raccolta non soffre particolarmente dell'amputazione da parte della censura napoleonica di sei poesie, senza contare che nella seconda edizione aggiunge addirittura una sezione, Tableaux parisiens), eppure, ad una più attenta lettura, si scorgono una certa quantità di temi ricorrenti, rintracciabili nelle sei sezioni che compongono il libro.
Foto collage da me realizzata. 
Vediamo meglio il senso di questo titolo:

I fiori, appartengono ad un ordine estetico... penso ancora a Balzac e al suo "Le lys dans la vallée" in cui le "lys" cioè il giglio, non può che essere riferito a un ideale di femminilità legato al concetto cattolico e morale di "purezza". Il fiore è quindi motivo d'ispirazione e simbolo di purezza.
Il male appartiene invece ad un ordine morale. L'unione di due elementi cosi distanti è di per sé motivo di originalità. Il male è insito nell'uomo, esso si respira ovunque ci sia un agglomerato di individui, in particolare a Parigi, centro del suo mondo, motivo di amore e odio nell'animo dell'autore (e per buona parte di chiunque abbia pensato di esprimersi in arte per tutto l'ottocento e non solo!) La grandezza dell'artista è di saper estrarre poesia, quindi bellezza dal fango, come fosse il più sapiente degli alchimisti.

" ...je t'aime o ma très belle... comme un parfait chimiste et comme une ame sainte ..tu m'as donné ta boue et j'en ai fait de l'or"
che significa:
" Ti amo o capitale infame! ti amo mia bella... come un perfetto alchimista e come un'anima santa...tu mi hai dato il tuo fango e io ne ho fatto oro".
Questi sono alcuni versi presi dal suo progetto di epilogo alla seconda edizione dei fiori, ma ci bastano per capire i suoi intenti poetici. Un esempio lampante lo si trova nella poesia "Il cigno", in cui sceglie di parlare di lavori in corso, cantieri aperti, in prossimità del Louvre. Questo è un fatto di grande modernità visto che i romantici tendono ad escludere la città e il suo trambusto dalle loro poesie, preferendogli le sensazioni scaturenti dalla natura. Per essere poeti della modernità, bisogna saperci trovare un lato epico e poetico, e quindi raccontarlo.

Scrive su Parigi, in uno dei tentativi di prefazione all'opera:
"La Francia attraversa una fase di volgarità. Parigi, centro della stupidità universale, malgrado Molière e Béranger non si sarebbe mai creduto che la Francia procedesse così velocemente sulla via del Progresso... il grand'uomo è stupido ...mi sono stati attribuiti tutti i crimini che raccontavo ...ma il poeta non è di alcun partito altrimenti sarebbe un semplice mortale"... concetto importante che ribadisce la poetica dell'arte per l'arte, creata da Hugo in merito a Gautier e i suoi "Smalti e cammei", e più in generale, per l'arte parnassiana.
Che significa esattamente? Se lo scrittore romantico credeva, da Mme de Staël in poi, di avere un ruolo attivo nella società, sentendosi una forza in campo capace di cambiare le cose, lo scrittore che vive durante il secondo Impero, si vede impotente di fronte alla storia: "Un nuovo Napoleone, che vergogna!" dirà lo stesso Baudelaire.
Altro fattore di novità, è il crescente ruolo delle scienze nella vita di tutti i giorni. Infine, la crescita inquietante della borghesia, classe sociale tutto sommato "nuova" rispetto all'aristocrazia, ma molto aggressiva, molto ben rappresentata da Flaubert attraverso il farmacista Homais, in "Mme Bovary", infatti sul finire del romanzo, la sua immagine troneggia su tutte le altre, come un'immensa ombra. Baudelaire invece urla "uccidete il generale Aupick" suo patrigno, ma anche generale napoleonico, borghese, benpensante, insomma, simbolo di tutto ciò che maggiormente egli detesta al mondo.

Davanti al nuovo scenario storico e sociale, la letteratura si sente più relativa, più impotente, sceglie perciò di occuparsi di arte, nient'altro che di sé stessa. Beninteso, questa manifesta volontà di non impegnarsi, è comunque il segno di una presa di posizione "contro".

IL PROCESSO.
E' passato poco tempo dal processo a "Mme Bovary" di Flaubert, quando a Baudelaire tocca la stessa sorte, per mano dello stesso Istruttore, Pinard. L'autore s'illude che anche per lui, la fase che seguirà il processo e il relativo scandalo, sarà la notorietà, proprio com'è successo a Flaubert, ma gli esiti dei due processi sono diametralmente opposti. L'altro dispone di più soldi, quindi può permettersi avvocati più validi.
Accusato di oltraggio alla pubblica morale, Baudelaire è processato e condannato ad un'ammenda cospicua rispetto alla sua situazione economica, tanto che Eugenia, Imperatrice e Moglie di Napoleone, interverrà in suo favore per ridurre l'ammenda.
Il poeta deve inoltre sopprimere sei poemi dai fiori, e deve rivedere tutta l'opera ai fini di una nuova pubblicazione, epurata dai suoi aspetti più "pornografici ed immorali".
Per Baudelaire tutto ciò è sconfortante, e non si può escludere l'idea secondo la quale, in parte, finì col somatizzare questo forte senso di impossibilità alla parola, o anche asfissia creativa, visto che morirà dopo un lungo periodo di afasia e paralisi fisica, in parte, frutto di una scomoda eredità genetica che deve alla madre, in parte per via della sifilide contratta da ragazzo, in parte per qualche "paradiso artificiale" , frequentato occasionalmente, ed in parte forse, perché ha somatizzato la sua situazione scomodissima di poeta maledetto.

A livello artistico si persuade di essere ormai affetto da impotenza creativa. Si pente di non aver scritto una prefazione che chiarisse i suoi intenti, ma è troppo tardi.

Nb: Questo post è stato rielaborato l'8 ottobre 2016, ma è stato postato una prima volta, il 3 maggio 2010 in questo link ( 3_Les Fleurs du Mal) . Sono stati cambiati alcuni dati ovviamente, per tenere l'argomento aggiornato nel migliore dei modi.


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